come finire di scrivere un libro, il momento di Basta!

Con “come finire di scrivere un libro” intendo come capire quando la storia che si sta scrivendo è completa, lucidata e pronta per essere data in pasto ai lettori?
La risposta è semplice: non puoi saperlo. (Un po’ come questo articolo, che leggo e rileggo ma ogni volta non mi pare esattamente come me lo ero immaginato…)

il momento di Basta, come finire di scrivere un libro - Storie di un Altro Evo

La fase in cui attaccare l’etichetta “FINITO” a un progetto di scrittura non è una rivelazione che arriva magicamente da sola. Si tratta di prendere una decisione, con tutte le conseguenze del caso. Non c’è nessuno che può dire con assoluta certezza e oggettività: vai e pubblica/spedisci a un editore.

Non vorrei scrivere un articolo a solo uso solo dei self publisher, ma mi piacerebbe che fosse diretto un po’ a tutti quelli che hanno passato anni a scrivere e riscrivere la loro storia e ancora non è perfetta, perché c’è sempre qualcosa da fare o da rivedere o da completare.

How Long - come finire di scrivere un libro - Storie di un Altro Evo
Se vuoi sapere quanto tempo ci hanno messo per scrivere il tuo libro preferito…

Farsi fagocitare anni dalla scrittura di singola storia è un po’ simile al problema del Collo di Bottiglia  in quanto sono entrambe situazioni che bloccano lo scrittore. Non si può essere tutti come il Manzoni, che ci ha messo circa vent’anni prima di decidere il suo momento di Basta. Per dire… Douglas Adams ci ha messo un mese per scrivere “Guida Galattica per autostoppisti”.

Non esiste il testo perfetto

Mirare a ottenere IL libro perfetto è semplicemente un obiettivo irraggiungibile. Ciò che ho scritto, per esempio, sei mesi fa non mi rappresenta più al 100%. Rileggendolo sarà difficile sperticarmi in Oooh! di meraviglia, ma piuttosto sarà un penoso susseguirsi di “Questo era meglio se lo spostavo più giù. Questo modo di dire non lo avrei usato. Perché il tale personaggio ha risposto così invece che cosà?” e via. (Fra parentesi, nel prossimo articolo parlerò della scoperta dell’acqua calda.)

Il testo è rimasto uguale e al tempo pareva ottimo, o quantomeno ” a posto”, però nel frattempo è cambiato chi lo ha scritto. Lo scrittore si evolve, legge, continua a scrivere e cresce, anche di poco e anche se non se ne accorge. Ho il sospetto che sarà sempre così, per cui tutti i vecchi scritti non saranno mai all’altezza.

Sì, vabbeh… ma allora come si esce da questo ginepraio?

Io non lo so, so solo che non voglio finire in un vortice senza via d’uscita inseguendo un ideale di perfezione. Racconto storie e cerco di farlo al mio meglio. Questi sono i passi che seguo io per capire quando è il momento di Basta e dichiarare concluso il progetto.

1) Il testo è pronto per essere letto dai Beta Reader

Dopo l’ennesima rilettura, quando la storia mi esce dagli occhi e non ne posso più, le correzioni si sono ridotte allo spostare virgole e cambiare qualche parola. Questa è la fase in cui può subentrare lo SCONFORTO. Infatti, se si trascina troppo a lungo, il cervello molla le correzioni da poco e inizia a esaminare i possibili problemi strutturali ma soprattutto a porsi la fatidica domanda: “a chi frega di leggere questa roba?”.

Allora è giunto il momento di chiamare in aiuto qualche paio d’occhi esterno.

Ci sono tanti articoli su come sia meglio scegliere i Beta Reader, questo non è uno di quelli. Io li preferisco carogne (i Beta Reader, intendo).

2) Il testo può passare a un Editor

come finire di scrivere un libro, il momento di Basta!Una volta che mi sono riposata il cervello per almeno dieci giorni e i responsi dei Beta Reader sono tornati, valuto e soppeso i cambiamenti, apporto le modifiche. A questo punto passo alla fase di editing con l’aiuto di un professionista.

È indispensabile per i Self Publisher ma è utile anche per chi ha intenzione di proporre il manoscritto a una casa editrice. Lo so, dovrebbero essere le case editrici a fornire il servizio di editing (e se sono serie lo fanno) ma, a meno che non si tratti di un racconto, io consiglierei lo stesso di passare per un professionista. Anche solo per imparare qualcosa di più o per essere sicuri di non aver commesso errori madornali.

C’è una cosa da tener presente però: non esiste un editing definitivo. Ciò che ho capito in questi anni è che la revisione di un testo non è una scienza esatta, al limite possono esserlo le regole della grammatica. Ogni Editor (o redattore, come lo si voglia chiamare) ha il suo stile, proprio come uno scrittore ha il suo, prende le sue decisioni in base alla propria esperienza e competenza.

3) E ora è davvero pronto per essere pubblicato?

Nel caso degli autori indipendenti, i Self Publisher insomma, si può cavillare sul significato di pubblicazione e, tanto per essere precisi, io mi riferisco al tastino giallo dell’immagine qui sotto. “Pubblica il tuo libro” ovvero rendilo pubblico. Solo che, a differenza del tasto “pubblica” di WordPress, si può mettere a pagamento.

come finire di scrivere un libro, il momento di Basta!

Sia che si voglia pubblicare da indipendente oppure proporlo a un editore, il problema rimane. Dopo tutto questo procedimento il libro può sembrare ancora non pronto, non abbastanza perfetto o interessante e allora forse il problema non è la storia ma lo scrittore.

Insomma, magari il libro è pronto ma tu no.

Più a lungo si è rimuginato su qualcosa di così personale come lo scrivere una storia, tanto più la sua fine ci crea ansia, aspettative e timori di ogni tipo. Forse bisognerebbe tentare di essere distaccati e guardare con un occhio nuovo il testo per riuscire a dare una risposta equilibrata. È possibile riuscire a essere onesti sul serio e comprendere se una storia deve essere mollata, aggiustata o  lasciata così perché di più non si può fare?

Nella mia esperienza, no. Rimarrà sempre un certo grado di dubbio (e tornerà a tormentare lo scrittore sotto forma di fantasma dei libri passati).

E dunque?

Prendi una maledetta decisione.

Non ci saranno fuochi d’artificio e nessuna scritta al neon ti rassicurerà sul fatto che la tua storia sia ormai finita-pronta-definitiva-perfetta.

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Se deciderai di pubblicarlo (o sottoporlo a un editore) avrai ogni volta una sottile angoscina che ti sussurra nelle orecchie “E se c’è qualche refuso che nessuno ha  visto? E se quel discorso non filasse così bene come pare?” e se, e se e così via.

Vorrei poter dire che poi ci farai l’abitudine, ma no.

Prima o poi bisogna chiudere un progetto, perché trascinare troppo a lungo un testo attraverso gli anni ti blocca e ti logora, ti fa avvitare sempre sui soliti problemi e risucchia ogni tua energia.

Fa’ tutto ciò che puoi per rendere al meglio la tua storia, ma prima o poi devi decidere che è finito, altrimenti non è più un libro ma un’ossessione privata.

Come dice David Gaughran a tal proposito “Finish the bloody book and then start the next“.

P.S. Ah, comunque l’ho avuto anche io un manoscritto che mi sono trascinata dietro per anni. È ancora nella cartella in cui l’ho lasciato un bel po’ di tempo fa (credo). Per lui ho optato per il pollice verso, ma almeno ho deciso.


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Mala Spina

Avida collezionista di fumetti, ama leggere e scrivere storie fantasy, horror e d'avventura. Orbita attorno al mondo della grafica e dell’illustrazione digitale. Facebook | Instagram

4 pensieri su “come finire di scrivere un libro, il momento di Basta!”

  1. Scrivere è mostrare agli altri una parte di sé stessi.
    Sta proprio lì il problema… o hai tanta fiducia nelle tue capacità (di scrittore e non) da ritenerti perfetto o, se non sei egocentrico, non ne hai. In quest’ultimo caso i dubbi ti bloccano all’infinito.
    Però ho capito una cosa scrivendo i miei, alla fine il bello è stato scriverli. Possono piacere o no, potevo scriverli in modo migliore, ma l’importante è aver raccontato quella parte di me.

    E comunque c’è sempre un nuovo racconto per cui farsi venire i dubbi 🙂

  2. Mi è capitato qualcosa di simile poco tempo fa. Avevo rispolverato alcuni vecchi racconti, scritti per un “contest” di scrittura su un forum, un po’ buttati lí ma che mi avevano soddisfatto all’epoca. Ho pensato di metterli su facebook per gli amici, alcuni di quel vecchio forum, per mera vanità; ma a rileggerli non ho potuto fare a meno di intervenire e aggiornarli. A parte uno che mi ha stupito per quanto era buono (unica volta che mi sia mai successo), gli altri erano forzati, ingenui e confusi. Uno in particolare lo ho quasi riscritto da capo! Decisamente non sono più come ero nel 2004.
    D’altra parte, se non sbaglio, Stephen King diceva nel suo “On writing” che bisogna uccidere i propri figli: lasciarli in un cassetto e risprenderli dopo un po’ di tempo, così da vederne i difetti e migliorarli…

    1. è normalissimo, anzi, sarebbe strano che tu fossi sempre lo stesso!
      Mi pare che “Il giorno del Drago”, nella sua primissima stesura di 10 anni fa fosse tipo di 20.000 battute. Quando ci ho rimesso le mani e l’ho ribaltato da cima a fondo alla fine era diventato di 105.000.
      Certo che però… questo sistema di tenere i racconti in un cassetto per poi riprenderli successivamente deve avere una fine prima o poi 😀 altrimenti si cade in un paradosso senza fine tipo Achille e la tartaruga

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