Prima del racconto “l’Eretico e il Rifrullo del Diavolo”, tutto inizia in un Rinascimento italiano alternativo a tinte decisamente horror con un racconto che ho scritto la scorsa primavera per “Eroica”, un’antologia Sword and Sorcery pubblicata da Watson Edizioni .
I personaggi, dei guitti senza speranza, mi erano piaciuti tanto e ho deciso di ripercorrere le loro avventure raccontando cosa era successo molti mesi prima della storia di “Testa di Santo“.
“L’Eretico e il Rifrullo del Diavolo” è una sorta di prequel e fa da apripista alle storie della banda di Mezzocorvo e Lupa introducendo un pochino nel loro mondo.
Aggiornamento 26/10/2020: Testa di Santo e L’eretico e il rifrullo del diavolo sono stati pubblicati singolarmente in una nuova edizione!
Short Story Sword and Sorcery nel Rinascimento italiano.
Le carceri di Firenze nascondono pericoli misteriosi e occorre essere più furbi del Diavolo per riuscire a venirne fuori con la propria anima intatta.
Originariamente “L’Eretico e il Rifrullo del Diavolo” lo avevo scritto qualche mese fa per un piccolo contest organizzato da Acheron Books (Trovate anche su Caponata Meccatica uno dei racconti partecipanti e arrivati in finale) ed era di 1.000 parole tonde. Non è stato scelto ma l’idea mi piaceva e, siccome lo avevo compresso, mi pareva giusto dargli la giusta dimensione così è venuta fuori una storia da 3500 parole.
Tra parentesi, l’amico Franco (prode Proof-Beta-reader) a sentire il titolo ha commentato con “manca poco che è più lungo della storia”. È un’avventura che si può leggere velocemente, in pausa pranzo o sull’autobus.
Con questa piccola storia aggiungo un nuovo genere di racconto tra quelli gratuiti su Altro Evo e che, in effetti, mancava all’appello: uno Sword and Sorcery all’italiana.
Le avventure della banda di Mezzocorvo continueranno per le terre della Toscana rinascimentale, alle prese con misteri e orrori nascosti.
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Leggi un breve estratto!
L’ERETICO E IL RIFRULLO DEL DIAVOLO
La grata della cella si aprì di colpo e lo stridio metallico riecheggiò nella prigione sotterranea.
Il carcerato, che occupava già da molte settimane quel buco fetido scavato nella pietra, sbatté le palpebre, abbagliato dall’improvvisa luce della lanterna.
Uno degli armigeri illuminava la galleria mentre gli altri erano occupati a trascinare di peso un nuovo prigioniero, poco più che un fagotto di stracci insanguinati. Gli sgherri del Gonfaloniere di giustizia, con le insegne rosse e gialle della famiglia de’Medici, lo gettarono all’interno del bugigattolo.
Il primo occupante, anche lui coperto di vesti stracciate e logore, si appiattì contro la parete opposta per evitare di essere travolto dal nuovo arrivato.
L’armigero più anziano richiuse l’inferriata con un gran sbattere di chiavi e osservò per un attimo i due prigionieri. Ebbe una smorfia di derisione e sputò tra le sbarre, verso la sagoma dell’uomo che aveva appena rinchiuso.
«In culo a te, brigante! Quant’è vero Domineddio, qui, ci lasci le penne!»
Si allontanò sbuffando una risata, seguito dagli altri due soldati.
Nel carcere della Volognana, la debole illuminazione scendeva dal piano superiore del torrione attraverso il passaggio che portava alle segrete e, una volta che la botola fu richiusa, non rimase altro che il chiarore filtrato dalle grate di un paio di aperture sul soffitto, lungo il corridoio.
Il prigioniero di più vecchia data si staccò dal muro e strisciò con cautela per distinguere le fattezze del suo novello compagno. Sbarrò gli occhi, appena visibili in mezzo alla matassa di capelli stopposi e la bocca si spalancò.
«Mezzocorvo? Sei davvero tu?»
L’altro uomo, coperto di graffi e contusioni, rotolò tra la polvere del pavimento e borbottò una bestemmia. Si mise a sedere con un movimento fin troppo agile per essere qualcuno sopravvissuto a una buona battuta da parte dei carcerieri. Aveva una benda in testa che copriva l’occhio sinistro ed era vestito con una giubba strappata. Si massaggiò il mento rasato, su cui stava comparendo un ampio livido bluastro e gli rivolse un’occhiata di sbieco.
«Conosci altri uomini d’arme con bella presenza e buone maniere?» Si passò una manica sulle labbra per ripulirle dal sangue rappreso e comparve l’ampio sorriso da gaglioffo, ben conosciuto tra la feccia mercenaria. «Chi non muore si rivede. Riccardo…»
«Sono Rinaldo! Invece tu sei un maledetto traditore!» Il prigioniero agitò il pugno davanti agli occhi dell’uomo chiamato Mezzocorvo e gli inveì contro sputacchiando. «Era un lavoretto facile! Ci guarderemo le spalle l’un l’altro, mi dicevi! Invece, appena sono arrivati gli uomini del Gonfaloniere sei sparito e mi hanno arrestato! Mi hai lasciato a marcire qui dentro!»
Il brigante alzò una mano in un gesto conciliatorio.
«Lo so. Sono qui proprio per evadere.»
Rinaldo ebbe una smorfia che mise in mostra la dentatura con parecchi posti vuoti.
«Allora non mi avevi scordato!»
«Ce la faremo insieme.» Mezzocorvo inarcò un sopracciglio come a dire “la so lunga!”.
«Sia ringraziato il cielo! In questo purgatorio avvengono cose orribili.»
«Più del tuo fiato?»
«Per tutti i Santi, stammi a sentire!» Rinaldo gli si accucciò accanto. «Da quando hanno carcerato uno straniero, muore un detenuto ogni giorno. Quello che divideva la cella con me ha tirato le cuoia giusto ieri, dopo aver parlato con lui!»
Il sorriso del brigante era sempre più divertito ma non interruppe lo sproloquio.
«Quel menagramo ha venduto l’anima a Satanasso in persona!» continuava l’ex compare. «Ha predetto la morte a chiunque sia rinchiuso qui dentro.» e indicò una delle celle più in fondo. «A me ha detto perfino che sarei crepato da eretico. Pensa te! Ma io son dentro per via dell’omicidio durante il nostro colpo!»
«È il peggior carcere di Firenze. Siamo tutti condannati a morte.» Mezzocorvo fece spallucce e sollevò la benda.