Nel 2015 mi chiesero un racconto a base di zombie ambientato in un universo condiviso creato da Antonio Amodeo, così venne fuori Zomb Saga un’antologia di racconti per Dunwich Edizioni. Quindi dopo : “Quella volta che ho scritto un fantasy grimdark“, ci risiamo di nuovo con “Quella volta che ho scritto splatter“!
Adesso che i diritti sono tornati a me ho pensato di rilasciarlo GRATIS sulla Newsletter.
Tra parentesi, oltre a consigliare Zomb saga, consiglio in toto il catalogo Dunwich di cui attualmente sto leggendo il sanguinosissimo e adrenalinico “BREW“.
Quattro regole per sopravvivere agli zombie, garantite al 100%!
Piero Pacini ha solo due scelte: essere gettato dall’ultimo piano di un palazzo oppure inoltrarsi per la metropoli in piena infestazione di morti viventi.
Per sopravvivere ha una doppietta, un gorilla che non vede l’ora di farlo fuori e le quattro maledettissime regole stabilite dal Cioni.
Basteranno per salvarsi dalle insidie di una scuola elementare?
Dunque, in questo universo condiviso con altri autori zombeschi, avevo creato “Quattro regole di sopravvivenza agli zombie” ambientato a Milano, con un odiosissimo protagonista. Il racconto ha subito un piccolo re-styling e editing, oltre che a trasferirsi in Toscana.
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Anteprima Quattro regole per sopravvivere agli zombie
Erano davanti a lui, immobili.
I compagni lo fissavano con sguardi pieni di odio e recriminazione per quella che era stata una sciocca fatalità.
Aveva provato a spiegargli com’erano andate le cose, ma non avevano ascoltato una sola parola, quei bifolchi.
Era colpa sua ciò che era successo? Non era nemmeno il suo turno!
Un uomo basso e tarchiato gli ringhiò in faccia.
«Pacini, sei una testa di cazzo!»
Riccucci, detto Rico, era più basso una decina di centimetri, ma aveva le spalle di un toro e le braccia da manovale erano morse d’acciaio da cui uno smilzo sedentario come Piero Pacini non avrebbe potuto liberarsi da solo. Rico lo aveva afferrato con entrambe le mani per il bavero del pesante giubbotto da caccia e lo scuoteva in preda alla rabbia.
«Ti ammazzo, stronzo! Conosci le regole!»
Quello gli urlò così vicino che le lenti crepate dei propri occhiali da vista si appannarono sotto la tempesta di fiato e saliva che gli stava soffiando in faccia.
Trovandosi a pochi centimetri dagli occhi iniettati di sangue di quel gorilla vestito da cacciatore, Pacini ebbe la sicurezza che lo avrebbe buttato giù dal tetto.
Perché qualcuno non lo fermava?
Nessuno sopportava il novellino quattr’occhi, il fiorentino, il cittadino. Ecco perché.
Pacini provò a divincolarsi senza successo.
«Smettila! Non stava a me fare la notte!»
Intorno a loro, il gruppo di uomini e donne disposti in semicerchio, osservava la scena in silenzio. Erano tutti vestiti con abiti mimetici da caccia, davvero poco adatti a nascondersi tra gli edifici della città.
Il volto più compassionevole lo guardava con disprezzo. Lo avevano sempre considerato un impaccio e adesso le cose si stavano mettendo male.
Pacini si rese conto che non sarebbe bastato chiedere scusa e che nessuno avrebbe fermato quel grosso invasato.
Intanto, Rico continuava a urlargli in faccia e ad alitargli sugli occhiali.
«Una notte! Una sola notte di guardia e ti sei fatto fottere le batterie! Ti avevo detto di rimanere sveglio!»
Da mesi parlavano tra di loro sottovoce, quasi bisbigliando o tramite gesti, per non correre il rischio di rivelare la loro posizione alle orde di morti viventi che si aggiravano per le città o agli altri gruppi di sopravvissuti.
Continua…