Avevo in mente quest’articolo da tanto tempo ma, siccome è qualcosa di molto personale, l’ho sempre rimandato. Poi però Steve Ditko è morto e allora ho pensato che fosse il momento per parlare del fumetto più bello del mondo.
E ce l’ho io e non ce l’ha nessun altro. No way.
Il mio Fumetto più bello del mondo
Ogni appassionato di fumetti ha il suo “Fumetto più bello del mondo” personale. È quello che non venderebbe mai, che trasferisce per primo quando si tratta di traslocare e che, anche se non lo sfoglia più, ha il posto d’onore in libreria. Il mio è “L’Uomo Ragno Gigante 1” anno 1976.
C’era una persona nella mia famiglia a cui mi piace pensare di assomigliare almeno un po’ ed è mio nonno. Era quello che mi comprava il Topolino ogni settimana e prima di quello c’era Nonna Abelarda, Trottolino e Tiramolla. La svolta arrivò un giorno in cui mi regalò L’Uomo Ragno Gigante.
Conoscendolo, da buon accumulatore compulsivo che non riusciva a buttare via nulla, doveva aver trovato dei giornalini al lavoro, lasciati da chissà quale apprendista, e me li aveva portati. Non mi sorprenderei se la ragione per cui aveva pensato di regalarmeli fosse stata il mese di pubblicazione “Luglio”, che è il mese del mio compleanno. Mio nonno aveva la fissa con questi dettagli.
Com’è e come non è, mi ritrovai a circa 6-7 anni il mondo dei supereroi tra le mani e non solo. La prima pagina dell’albone è stata fondamentale: uno sfigato e imbranato, preso in giro da tutti che diventa un eroe? Dov’erano i personaggi sempre positivi e vincenti? Da quel giorno, per me Peter Parker ha questo volto qui. Chiamatelo imprinting o anche vecchitudine ma io riesco a vederlo solo così (anche se l’ultimo Spiderman con Tom Holland mi è piaciuto molto ed è stato divertente).
In ogni caso, scoprii che il vero eroismo era la volontà di Peter di dimostrare di essere davvero uno dei buoni e contemporaneamente di portare i soldi a casa per la vecchia zia incartapecorita. Malgrado tutti lo considerino un pericolo, e no, nessuno lo ama a New York, lui non si arrende. Quando si trasforma nell’Uomo Ragno smette di essere il timido studente pieno di dubbi e rimorsi e diventa uno spaccone, quasi quasi antipatico. Abituata com’ero a leggere storie lineari prive di dramma, con personaggi tondi, positivi e monotoni, è stato amore a prima vista vedere per la prima volta un fumetto con un tratto realistico e non cartoonesco che aveva dei sentimenti complessi.
Da allora il mio supereroe preferito è lui. L’albo gigante è completamente distrutto, le pagine sono ingiallite e gli angoli piegati (non oso rimetterli a posto per paura che si stacchino), la spillatura si è arrugginita (e comunque non ho mai visto l’ombra degli adesivi che avrebbe dovuto contenere visto che è un fumetto di seconda mano). Le condizioni sono pietose e credo che non sia buono nemmeno per accendere il fuoco. Il motivo è che credo di averlo sfogliato qualche centinaio di volte nel corso degli anni, quando ero piccola anche più volte al giorno immaginando di essere una sorta di Peter Parker de’noartri.
In fondo a queste primissime avventure dell’Uomo Ragno c’erano 3 pagine rivelatrici. Roba da Santo Graal per una figliolina com’ero. La storia illustrata di come Stan Lee e Steve Ditko crearono l’Uomo Ragno ed è bellissima ed esilarante.
Questa breve storiella è uno dei motivi che mi ha sempre spinto a disegnare, perchè un tizio si svegliava nel mezzo della notte e aveva immaginato le storie dell’Uomo Ragno. Non so se mio nonno avesse idea di cosa aveva scatenato quell’innocuo giornalino ma se sono una nerd è tutta colpa sua. Quindi questo è il mio fumetto più bello del mondo e nessuno ne ha uno uguale, anche se ci sono tante ristampe o originali dell’Uomo Ragno Gigante non sarà mai lo stesso.
Ma non è finita qui.
il secondo fumetto più bello del mondo
Il mio fumetto più bello del mondo aveva anche un allegato, si fa per dire. Di questo albo non ho mai visto la copertina e doveva essere pronto per il secchio del sudicio ma ha avuto la fortuna di trovarsi vicino al nostro amichevole Uomo Ragno di quartiere. Ricordo una cosa soprattutto: dovevo leggerlo di nascosto perché nessuno era contento di veder leggere La Tomba di Dracula a una ragazzina di 7 anni (erano gli anni ’70…). In effetti, tra sconsacrazioni di cimiteri, gente mortammazzata succhiata, rituali satanici. Insomma li posso capire.
Insomma, si tratta di un intero albo dedicato al signore delle tenebre e non era mica sbrilluccicoso e romantico come i vempiretti di oggi, eh. Il redivivo (o redimorto) Dracula in questione non era nemmeno come il buon professor Morbius, pieno di rimorsi e dubbi. Era davvero Dracula ed era anche uno stronzo sanguinario completo di sposa altrettanto sanguinaria. La storia girava intorno a un discendente maschio del nostro conte e alla discendente di Van Helsing, uniti nella caccia e che venivano coinvolti nelle trame di Dracula. Finivano in mezzo a mostri altrettanto pericolosi ma il vero protagonista era proprio il vampiro. Ovviamente c’era di mezzo anche una storia d’amore tormentata e drammatica. Roba che Tiramolla e Trottolino levatevi di torno per sempre.
Qui l’orrore, il dramma e la malvagità faceva da padrone e la storia diventava cupa. Pure questo lo avrò letto un centinaio di volte e, alla faccia di tutti, non sono diventata una serial killer assetata di sangue.
Purtroppo i cordoni della borsa li tenevano i miei per cui ho dovuto aspettare diversi anni prima di riuscire a comprare l’Uomo Ragno e vedere finalmente come proseguivano le sue avventure. Di Dracula invece non ne seppi più nulla perchè non riuscii mai a trovarlo nelle edicole.
Nota curiosa, in fondo a Dracula c’era una breve storiella anche questa a tema orrorifica (adesso farebbe ridere i polli ma ai tempi era un po’ inquietante): Gomdulla il megafaraone mummia!
Che mi è sempre parso un bizzarro incrocio tra Godzilla e la mummia (e infatti è così). Comunque non me lo sono inventato, esiste davvero ed è la prova che gli sceneggiatori Marvel un po’ strani lo sono sempre stati.
Il nonno
Mio nonno è morto qualche anno fa, dopo una veloce e ferocissima malattia. Per far capire quant’era Signore, nonostante un cancro al cervello che avrebbe fatto sragionare un santo, l’insulto peggiore che gli sia uscito di bocca è stato: “Lei è un po’ birbona” rivolto a una delle infermiere che, chissà cosa aveva fatto.
Non riesco tutt’ora a ricordarmelo nei suoi ultimi giorni, per me rimane il signore che ha continuato ad andare in giro in bicicletta fin oltre i 75 anni e che mi ha lasciato un archivio piuttosto strambo di documenti e fotografie raccolte in anni di accumulo. Una minuscola foto lo rappresenta bene e dietro c’è un suo messaggio sibillino.
Chissà che destinazione era.